E’ illegittimo l’accertamento basato sui parametri per un professionista che nell’anno di riferimento ha dedicato una parte del proprio tempo agli studi universitari, sostenendo con profitto diversi esami.
E’ la decisione emersa dalla sentenza n. 6234 del 13 marzo 2013, della Sezione Tributaria Civile della Cassazione.
Non è raro, al giorno d’oggi, imbattersi in professionisti studenti, che si dedicano agli studi universitari, sostenendo con profitto gli esami ma sottraendo tempo e risorse alla propria attività professionale.
Nel caso in esame, la fotocopia del libretto universitario che attestatava il superamento di tre esami nell’anno accertato dall’Agenzia delle Entrate, è stato sufficiente a dimostrare che il professionista non ha esercitato la propria attività professionale a tempo pieno per l’intero anno di riferimento.
Analizziamo più in dettaglio il caso.
Al contribuente in questione (un geometra libero professionista) era stato notificato un avviso di accertamento IRPEF che rettificava l’ammontare dei compensi dichiarati in applicazione dei parametri previsti dal DPCM 29 gennaio 1996. Il professionista propone ricorso. In primo grado vince l’Agenzia delle Entrate.
La Commissione Tributaria Regionale invece accoglieva l’appello proposto dal contribuente contro la Commissione Tributaria Provinciale, annullando così l’avviso di accertamento.
In ordine alle motivazioni la Commissione Tribuataria Regionale rileva l’illegittimità dell’applicazione dei parametri in modo acritico, avendo l’ufficio l’onere di operare un riscontro di tipo contabile e/o documentale, tenendo conto dell’effettiva situazione del contribuente e della realtà in cui lo stesso opera.
Contro la decisione della Commissione Tributaria Regionale l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, ma senza successo. La Cassazione ha infatti confermato il verdetto di secondo grado.
Nella motivazioni della sentenza, i giudici della Cassazione hanno ricordato che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standard” in sé considerati ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente.
Parametri e studi di settori devono essere considerati meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività del contribuente.
Quest’ultimo ha, oltretutto, l’onere di provare senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo preso in esame.