E’ legittimo, in fase di preventivo, stabilire una parcella con un importo inferiore ai minimi tariffari (almeno fino a quando erano in vigore i tariffari) e il preventivo deve riportare il costo di possibili ulteriori attività aggiuntive.
A stabilirlo è la sentenza n. 15628 del 18 settembre 2012 della Corte di Cassazione.
Onde evitare brutte sorprese al cliente al momento del saldo degli onorari, il professionista non può chiedere un adeguamento degli onorari dopo aver forfettariamente concordato gli stessi con il cliente.
In buona sostanza, ultimata la prestazione professionale, il professionista non può legittimamente presentare dei costi superiori a quelli pattuiti.
Con la sentenza n. 15628, i giudici hanno rigettato il ricorso presentato da un professionista avverso la sentenza n. 1746/05 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 23 novembre del 2005, ritenendo ingiustificata la richiesta del professionista che, oltre alla cifra pattuita, pretendeva un compenso ulteriore appellandosi al fatto che la cifra richiesta era addirittura inferiore ai minimi tariffari.
Basandosi sulle memorie depositate dal professionista, la Corte d’Appello, aveva dedotto l’esistenza di una prova circa l’accordo preventivo tra le parti, pertanto aveva rifiutato di accogliere la richiesta del professionista, sottolineando altresì che la “misura del compenso, asseritamente inferiore ai minimi tariffari” non comportava nullità della pattuizione ex art. 1418 del codice civile.
Il professionista presenta ricorso in Cassazione contestando siffatta interpretazione dei giudici.
La Cassazione rigetta il ricorso del professionista confermando quanto disposto dal Tribunale di Firenze, condannando il ricorrente al saldo delle spese di lite in favore della controparte.
In caso di ulteriori prestazioni professionali, il professionista è tenuto ad informare tempestivamente il cliente, e non può ritoccare il compenso, altrimenti si potrebbe configurare un comportamento non corretto da parte del professionista.