Avvocati, notai, geometri, architetti, ingegneri, periti, consulenti e tutti gli altri liberi professionisti in questi giorni stanno facendo i conti con le tasse.
A dire il vero, a fare i conti sono i loro commercialisti. E quando arriva la fatidica telefonata del commercialista, che annuncia l’importo complessivo delle tasse dovute e le modalità di rateazione, la domanda è sempre quella: perché mai pago tutta questa cifra?
In questo articolo, cercheremo di spiegare in maniera molto semplice ed elementare per i non addetti ai lavori il funzionamento della “tassazione fiscale” per i professionisti.
Qualunque attività professionale genera ricavi nel momento in cui vengono incassate le fatture dei propri clienti, mentre genera dei costi nel momento in cui vengono pagate le fatture dei fornitori.
I ricavi sono la somma di tutti i compensi incassati nello svolgimento dell’attività, compresi tra l’altro gli acconti ricevuti e i rimborsi spese addebitati in fattura.
I costi da sottrarre dai ricavi sono invece tutte le spese documentate riguardanti l’attività professionale, che sono state effettivamente pagate nell’anno.
Quindi, l’aspetto fondamentale da tenere sempre presente è che il reddito annuo derivante dall’attività professionale (che si chiama reddito di lavoro autonomo) è la differenza tra le somme incassate e le spese sostenute (i liberi professionisti determinano il reddito con il principio di cassa contrariamente alle imprese che determinano il reddito con il principio della competenza).
Alla fine dell’anno dalla differenza tra ricavi conseguiti e costi sostenuti determineremo il reddito dell’attività professionale. Prima però… ci sono gli studi di settore! Gli studi di settore sono uno strumento utilizzato dal fisco per rilevare la capacità produttiva di liberi professionisti, lavoratori autonomi e imprese.
Gli studi di settore vengono elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, consentendo di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente. Se il reddito che viene fuori dall’attività professionale è troppo basso, gli studi di settore ti chiedono di adeguarlo al minimo richiesto.
E’ solo a questo punto che viene fuori il reddito dell’attività professionale che va quindi ad aggiungersi alla somma degli altri redditi posseduti e forma il reddito imponibile.
Il reddito imponibile quindi è la somma di tutte le tipologie di reddito prodotto in Italia (redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa, redditi di capitale e redditi diversi) per le persone fisiche residenti, mentre è il totale del solo reddito prodotto in Italia per le persone fisiche non residenti, detratti gli oneri deducibili.
E’ su tale cifra che si pagano l’Irpef e le addizionali regionali e comunali (ovviamente se il comune di residenza le ha deliberate). Più elevato è il reddito e più alte saranno le tasse da pagare.
Infine, dulcis in fundo, sui professionisti grava l’Irap (l’imposta regionale sulle attività produttive) calcolata sul valore della produzione netta e cioè, giusto per farti capire meglio, sui “guadagni” dell’anno di riferimento.
Ma se i redditi percepiti/prodotti sono effettivamente più bassi rispetto a quelli presunti dagli studi di settore, è obbligatorio pagare le tasse sulla base degli studi, o il contribuente può segnalare/dimostrare il reddito reale e pagare il giusto?
Grazie
Chiara
Chiara, purtroppo i contribuenti che dichiarano ricavi inferiori a quelli che risultano dall’applicazione degli studi di settore, corrono il rischio di subire un accertamento da parte del fisco.
MI HANNO PROPOSTO 150 € AL GG PER 210 GG L’ANNO A PARTITA IVA, COME FACCIO A CALCOLARE IL NETTO?
Posta in questi termini la domanda è troppo generica!
Buongiorno vorrei sapere come pagare le tasse, ovvero a mezzo f24 da presentare alle poste o tramite fiscotel, essendo un professionista.In attesa saluti
Dipende!!! L’articolo 3 del D.L. 50/2017 approvato il 24 aprile 2017, prevede nuove disposizioni per contrastare le indebite compensazioni nei modelli F24. In particolare, viene abbassato il limite della compensazione dei crediti IVA per il quale diventa obbligatoria l’apposizione del visto di conformità, dagli attuali 15.000 euro a 5.000 euro. Ed è stato infatti introdotto l’obbligo di inviare telematicamente, tramite i canali telematici Entratel o Fisconline, i modelli F24 che contengono compensazioni con crediti derivanti da qualsiasi tributo o imposta sui redditi o addizionale, ritenute alle fonte, imposta sostitutiva sul reddito, IRAP e crediti d’imposta di cui al quadro RU della dichiarazione dei redditi.Ad oggi, i soggetti titolari di partita IVA compensano tramite i canali dell’Agenzia delle Entrate:
– i modelli F24 a “saldo zero”, ossia i modelli F24 che presentano crediti utilizzati in compensazione, con saldo finale uguale a zero;
– i modelli F24 con “saldo positivo”, ossia i modelli F24 che presentano crediti utilizzati in compensazione, con saldo finale maggiore di euro.
I modelli F24 dei soggetti titolari di partita IVA che non presentano compensazioni possono essere pagati utilizzando sia il canale privato tramite l’home banking del contribuente sia i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.
Quindi occhio a quello che contiene il modello F24.
Grazie e chiarissimo, solo che mi sono dimenticato di precisare di essere un contribuente con il regime forfetario, cambia qualcosa?Saluti