Ci sono molte cose che fanno parte della vita di un libero professionista. Una di queste è prestare i propri servizi professionali a titolo gratuito a qualche parente o amico.
Prima o poi, capita a tutti. E questa cosa è così normale in una professione, che spesso non ci facciamo molto caso.
Eppure, a pensarla diversamente è l’Agenzia delle Entrate che con un avviso di accertamento emesso per l’anno 2006 nei confronti di un notaio, accertava maggiori compensi in relazione al numero di atti stipulati nell’anno oggetto del controllo, senza minimamente tenere conto della giustificazione addotta dal professionista di aver redatto 27 atti su 2005 a titolo gratuito (in pratica l’ 1,3%).
Il professionista impugna l’avviso di accertamento in Commissione Tributaria Provinciale dove i giudici hanno accolto il ricorso precisando che il numero dei clienti rappresenta senz’altro un elemento importante da cui è possibile evincere il reddito di un professionista, ma da solo, tale elemento non è basta.
Come i giudici hanno giustamente precisato non è sempre corretta la presunzione secondo cui i professionisti sono soliti prestare i propri servizi solo a titolo oneroso.
E’ normale che talvolta un professionista può aver prestato la propria opera senza percepire alcun compenso, solo per amicizia, per parentela o per altri motivi di pura convenienza in relazione a un numero esiguo di pratiche rispetto al totale.
L’Agenzia delle Entrate non può presumere che dietro l’attività svolta da un libero professionista a titolo gratuito per ragioni di parentela, amicizia o semplice opportunità, vi sia invece del nero. Di conseguenza non può rettificare maggiori compensi (sentenza n. 365/04/2013 della CTP di Cosenza).
E a te, capita di offrire prestazioni professionali a parenti e amici? E quando accade, come ti comporti?