Niente Irap per l’avvocato che, pur non facendo parte di uno studio associato, presta la sua opera professionale per conto di quest’ultimo.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 382/13 depositata il 9 gennaio 2013 presso la Sezione Tributaria.
L’avvocato che ha prestato la propria attività per conto di uno studio associato ha diritto al rimborso dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) anche se il professionista ha speso quasi diecimila euro per l’acquisto di beni strumentali ed altre spese.
I giudici della suprema Corte hanno infatti accolto il ricorso di un professionista, un avvocato, che aveva impugnato la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado.
Il giudizio di merito aveva accertato che l’avvocato non faceva parte di uno studio associato ma svolgeva soltanto attività per conto di uno studio associato. Aveva però ritenuto che il contribuente disponesse di una propria autonoma organizzazione sufficientemente articolata e complessa da determinare l’assoggettamento ad IRAP del reddito prodotto.
Il giudice di merito aveva ritenuto sufficiente per la sottoposizione ad imposta l’esistenza di spese per quasi 10 mila euro (8.869,00 euro per acquisti di beni strumentali e circa 2.000 euro per spese alberghiere).
Affinché si configuri autonoma organizzazione, invece, è necessario che si spendano cifre ben più importanti di quelle appena considerate. Inoltre, a fare la differenza ai fini impositivi è il ricorso al lavoro di terze persone, che nel caso in esame non è stato ravvisato.
E così, la Corte di cassazione, sancisce la rimborsabilità dell’imposta Irap in capo al professionista, condividendo la proposta del relatore.