Come si determina il reddito dei lavoratori autonomi? Bella domanda. Soprattutto per chi è alle prime armi. C’è sempre molta confusione tra i non addetti ai lavori su questa problematica. Vediamo allora di fare un po’ di chiarezza spiegandolo in maniera semplice.
Prima di iniziare però è doveroso fare una premessa.
Dal punto di vista civilistico le attività di lavoro autonomo vengono svolte tramite il “contratto d’opera“.
L’articolo 2222 del codice civile dice che il contratto d’opera si ha quando una persona si obbliga a compiere un’opera o un servizio verso il pagamento di un corrispettivo, prevalentemente con lavoro proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
Dal punto di vista fiscale, invece, il reddito da lavoro autonomo è quello che deriva dall’esercizio di arti e professioni. Gli elementi che caratterizzano tale tipo di lavoro sono l’autonomia e la residualità.
I lavoratori autonomi propriamente detti, cioè gli esercenti arti e professioni, sono coloro che svolgono attività artistiche ed intellettuali esercitate in maniera professionale e abituale. Alcuni esempi? Avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, consulenti, medici, etc…
Sono lavoratori autonomi anche coloro che forniscono prestazioni sportive oggetto di contratti di lavoro autonomo (come atleti e calciatori) e i soggetti che percepiscono diritti di utilizzazione economica, in quanto inventori o autori, di opere dell’ingegno e coloro che percepiscono utili da associazioni in partecipazione nei casi di apporto di solo lavoro.
Come si determina allora il reddito di lavoro autonomo per questi soggetti?
Il reddito di lavoro autonomo va determinato per differenza tra le componenti di reddito positive (fatture emesse) e le componenti di reddito negative (fatture passive e costi documentati). A differenza del reddito di impresa, nel lavoro autonomo la competenza degli elementi di reddito non è economica ma per cassa.
In pratica, rappresentano ricavi i soli compensi incassati nell’anno e non quelli relativi a lavori svolti ma per i quali non vi è stato l’incasso. Rappresentano costi solamente le spese sostenute nell’anno cioè effettivamente pagate. Quindi, per farti capire, se ricevi una fattura di acquisto di 200 euro e ne paghi solamente 100,00 il costo deducibile sarà pari a 100,00 (per semplicità ho volutamente escluso l’IVA).
A questo punto, sicuramente ti chiederai quali sono i costi che si possono dedurre dal reddito. Ebbene si tratta semplicemente di tutti i costi inerenti all’attività esercitata e cioè, i canoni di locazione, le spese per vitto e alloggio, le spese di rappresentanza, le spese per eventuali dipendenti, le spese per la partecipazione a convegni, congressi, corsi di aggiornamento e così via.
Inoltre non si procede alla rilevazione contabile di fatture da emettere e da ricevere, ratei, risconti o accantonamenti di varia natura. Esistono però delle eccezioni a questo principio, come ad esempio gli ammortamenti dei beni strumentali e l’accantonamento TFR dei dipendenti.
In uno dei prossimi articoli, vedremo invece in dettaglio tutte le tipologie di costi che si possono dedurre dal reddito.