Chissà quante volte ti è capitato di dover ricevere la chiamata di un cliente che ti chiede una consulenza che va fuori dalle tue competenze professionali!
Cosa fare in questi casi? Come comportarsi? E perché questo accade?
Sono in tanti oggi a ricercare le qualità, le competenze e le capacità, ma non tutti i clienti comprendono bene cosa puoi offrire e cosa no.
E spesso danno per scontato che tu possa o debba occuparti di tutto (“pensavo te ne potessi occupare tu“).
Succede poi che uffici ed enti ai quali si rivolge una persona, anziché perdere tempo a dare indicazioni per risolvere una problematica, rimandino al professionista di turno la questione.
Qualche esempio. Al catasto, una rendita errata? “Vada dal suo commercialista!“. Alla ASL per ottenere l’esenzione ticket? Mi spetta non mi spetta? “Chieda al suo commercialista!“. E così succede che il commercialista “diventi” (si fa per dire) un geometra, un architetto, un avvocato o uno psicologo.
Si uno psicologo! Perché? Perché capita anche che il cliente del commercialista chieda supporto e sostegno in ambiti che vanno fuori dalla sfera delle materie economiche, finanziarie e fiscali. Così l’incontro con il commercialista per la consegna delle fatture o la firma della dichiarazione dei redditi rischia di trasformarsi in una … seduta!
E questo vale un po’ per tutte le professioni. Un geometra che diventi un architetto! Un notaio che diventi un avvocato! Insomma può capitare di tutto.
Allora le domande giuste sono: fin dove si estendono i limiti delle competenze di un commercialista, un ingegnere o un geometra, solo per fare qualche esempio? E come far comprendere al cliente che ci possono essere delle problematiche alle quali noi non possiamo dare una risposta?
Agli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ad esempio, è riconosciuta competenza specifica in economia aziendale, diritto d’impresa e in generale competenza nelle materie economiche, finanziarie, societarie e amministrative.
Formano oggetto dell’attività professionale di un commercialista, l’amministrazione e la liquidazione di aziende, di patrimoni, di singoli beni, le perizie, le consulenze tecniche, le ispezioni, le revisioni amministrative, la verifica di bilanci, le valutazioni di azienda, l’assistenza e la rappresentanza davanti agli organi della giurisdizione tributaria, gli incarichi di curatore, commissario, liquidatore nelle procedure concorsuali e cosi via. Questo è più o meno quello che può fare un commercialista!
Così come agli iscritti all’ordine degli ingegneri e architetti spettano le competenze relative alla pianificazione, progettazione, sviluppo, direzione dei lavori, stime e collaudi in tutti i comparti dell’ingegneria civile, ambientale, industriale e dell’informazione.
Architetti, ingegneri e geometri devono basarsi su leggi antiche risalenti ai primi decenni del 900 per risolvere determinate problematiche. E per non deludere le aspettative del cliente, si assiste spesso alla presentazione di pratiche di progetti firmati da geometri che non potrebbero farlo.
Alcuni di questi limiti sono stati anche oggetto di recenti sentenze. Ricordo molto bene la diatriba tra geometri e ingegneri sulle pratiche e sui progetti, direzione e vigilanza di “modeste costruzioni civili”. Ma cosa sia da considerare “modesta costruzione” non è molto chiaro, in quanto si tratta di una espressione generica e indeterminata.
Il problema di ogni attività professionale è che spesso il cliente fatica ad associare le giuste competenze al professionista (e qualche volta fa fatica anche a riconoscere il giusto valore economico al lavoro del professionista, ma questa è un’altra storia). E il cliente, che spesso è un amico, pensa (in buona fede), che il servizio richiesto rientra nell’ambito delle competenze del professionista.
Cosa fare allora in questi casi? La prima cosa da fare è prendere atto delle reali esigenze del cliente, per capire cosa ti sta chiedendo veramente. Il cliente non fa il tuo “mestiere” e quindi può dare per scontato che tu abbia sempre la soluzione al suo problema.
Quindi, cercando di operare con molto tatto, gentilezza e profondità dovrai far comprendere al tuo cliente che il legame che ha il suo problema con le tue competenze non è molto stretto oppure che il suo problema può sicuramente essere risolto con esito soddisfacente dal professionista tal dei tali che si occupa specificatamente di tali problematiche (o da altro ufficio, ente, etc...).
Molto spesso, dopo aver compreso che non puoi offrire il servizio richiesto, è il cliente stesso a formulare delle soluzioni alternative e a trarne le giuste conclusioni al posto tuo.
Per questo motivo, ogni professionista dovrebbe sempre adoperarsi affinché il mandato ricevuto dal cliente sia conferito per iscritto al fine di precisarne limiti e contenuti, anche allo scopo di definire l’ambito delle proprie responsabilità.
E se non vuoi deludere il cliente? Le norme deontologiche sono chiare a riguardo! Il professionista che accetta un incarico deve assicurare la specifica competenza richiesta dall’incarico e anche un’adeguata organizzazione dello studio professionale.